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giovedì 19 maggio 2022

Riflessioni. In sogno, come in fotografia, emozioni costruite nei cantieri della mente

di Vito Stano

Benedetta campagna elettorale, che ci fa incontrare e salutare dopo lunghi periodi di relazioni magre, oltre che conoscere compaesani mai visti primi. Noi cittadini di Cassano delle Murge siamo fortunati, perché grazie al periodo elettorale possiamo affrancarci dalla triste vicenda quotidiana che sta riguardando l’Ucraina. 

A me però è capitato che l’altra notte ho fatto un sogno, un brutto sogno. Ho sognato di essere in un luogo pervaso dalla guerra. Ho provato 
emozioni reali, come nei sogni capita. E al risveglio ho preso la penna per non dimenticare quell’incredulità davanti alle facce intraviste nel buio di una stanza. Stanza il cui ingresso mi era precluso dallo sbarramento fisico di un compagno di battaglia, il quale dopo la mia insistenza s’è fatto da parte lasciandomi vedere e avvicinare ad un letto di fortuna sul quale dormiva, visibilmente sofferente mia figlia. Sorriso spento e grigia in viso, forse per la stanchezza o forse sofferente per una ferita subita. E d’un tratto mi riconosce e i suoi occhi di sempre prendono di nuovo vita e scatta come una molla abbracciandomi. 

Io la guerra, che sta distruggendo la vita di milioni di persone in Ucraina, evito di guardarla, perché sono stanco di saturarmi la vista e anche a causa della fervida immaginazione che m’accompagna, che unita ad una spiccata sensibilità alle sofferenze altrui, mi farebbe sentire troppi colpi, accrescendo quell’impotenza di fronte ai grandi disastri della Storia e della vita. In effetti avrò visto un tg e due-tre (al massimo) trasmissioni tv serali, più qualche video-commento sul canale youtube della rivista Limes e nonostante questa dieta dello sguardo, mi è bastato che la sera antecedente al sogno abbia ascoltato un fatto relativo all'accoglienza dei bambini ucraini nella mia cittadina murgiana (in perenne lotta elettorale) per soffrire in sogno una realtà così lontana. 

Io poi un fucile tra le mani non l’ho mai tenuto. Eppure in sogno ne stringevo uno tra le mani. Era bianco e tenendolo tra le mani mi sentivo inadeguato, chiedevo al mio compagno d’armi (questa volta riconoscevo in lui mio fratello gemello) consigli e ripetevo domande alle quali avevo già avuto risposte incomprese. Lui che ha fatto il servizio militare (al contrario mio) mi rassicurava stringendo tra le mani un fucile enorme di quelli alla rambo con catena di proiettili a tracolla. 

Il sogno, come la fotografia, non esistono nella realtà. Ma se la costruzione è efficace le emozioni che ne conseguono sono reali. Fanno ridere o fanno piangere come se fossimo in preda ad una dittatura delle emozioni, dalle quali si fatica a liberarsene al risveglio.

lunedì 3 maggio 2021

Conversazioni. Roberta racconta la sua Irlanda: lavoro, relazioni e sentire comune dall'isola a nord-ovest dell'UE

a cura di Vito Stano

In questa nuova stagione del blog, rinato con un nuovo dominio che riporta direttamente al sottoscritto, ho ideato un viaggio virtuale (per restare in tema di chiusure-covid) dettato da un file rouge fotografico in giro per il continente europeo. La fotografia, quella autoprodotta in una serie di reportages mai pubblicati, è stata la molla che ha fatto scattare l’interesse a scovare e proporre a qualche expat di raccontare la propria esperienza di vita all’estero. Curiosità figlia della mia breve esperienza all’estero e, soprattutto, dell’insaziabile desiderio di conoscenza, diretta e indiretta, di quel luogo geografico e soprattutto relazionale che è l’Unione Europea, a sua volta esperienza storico-giuridico unica al mondo. L’idea di incontrare, via web, le menti e le braccia emigrate in quell’altrove europeo è dunque un modo per tornare a sentirci vicini, provando attraverso la conoscenza dell’Altro a ricucire le ferite inferte dalla scarsa o pessima informazione e scadente conoscenza dei nostri partner europei.

Questo viaggio inizia con la conoscenza di Roberta dall’Irlanda. A lei un ringraziamento speciale per la sua disponibilità e la voglia, dimostrata, di condividere la sua esperienza di vita. Buon viaggio.

Chi è Roberta, come mai vivi in Irlanda? Da quanto tempo vivi e in che città vivi? Perché hai scelto l’Irlanda, c’erano ragioni particolari o hai seguito qualcuno che era già lì?
Ciao Vito, sono Roberta D’Alessio, nata a Bari, ma cresciuta a Cassano delle Murge. Studente della scuola di Dottorato di Ricerca, presso l’Università College di Dublino. Di me posso dirti che sono il prototipo della persona del sud, legata alla famiglia e agli affetti, ma con il bisogno di scoprire e conoscere. Quest’ultimo aspetto del mio carattere mi ha portato a trasferirmi in varie città, Italiane e non, e successivamente ad intraprendere il mio percorso di studio e lavoro. Mi sono trasferita in Irlanda a novembre del 2019, grazie appunto all’università, ed esattamente abito a Fermoy, nella contea di Cork, in cui si trova la sede del centro di ricerca in cui svolgo la parte pratica del mio dottorato.

Com’è la vita dal punto di vista economico e professionale?
L’Irlanda è il paese più costoso d’Europa. Se si vuol vivere in questa nazione bisogna ben chiarire che ogni cosa ha un costo, alle volte eccessivo. Da studente borsista, ti posso dire che un terzo del mio “stipendio” serve solo per l’affitto, bollette escluse. Se poi si aggiungono i costi della spesa settimanale, e i costi di un mezzo di trasporto, la situazione diventa abbastanza grave. E tanto per chiarire, la mia borsa di studio, frazionata nei dodici mesi, è l’equivalente del minimum weidge, tasse escluse, in Irlanda, ossia del salario a ore minimo garantito per un adulto con età superiore a 20 anni.

Molti lavori però ti permettono di avere stipendi più alti (si parla da 34.000 euro l’anno in su, arrivando anche a 52.000 euro) da operai o normali lavoratori. Insomma dipende in quale settore si lavori e in quale industria.

Per la professionalità la situazione varia a seconda del posto di lavoro. Ti posso dire che gli irlandesi, da quello che ho notato anche grazie alle storie raccontate dai miei amici, sono molto gelosi del proprio posto di lavoro, e molte volte, la professionalità va a farsi benedire. Ho anche notato che la meritocrazia c’è, ma varia al variare dell’azienda e della cittadinanza del lavoratore. Insomma, se sei irlandese e sei bravo nel tuo lavoro è possibile tu venga promosso molto tempo prima rispetto ad uno straniero bravo nel suo lavoro.

La vita sociale è ricca o sconti la condizione del migrante? Frequenti altri italiani lì? Come definiresti il tuo livello di integrazione nella comunità di residenza?
Piccolo appunto prima di rispondere. Io abito a Fermoy, cittadina di, circa, 6500 individui, in cui si trova una delle sedi del centro di Ricerca e Sviluppo Ministeriale ‘Teagasc’ (posto in cui svolgo il dottorato). La cittadina è abituata a studenti e ricercatori e lavoratori provenienti da ogni parte del mondo (ti basti pensare che solo nel mio team di ricerca siamo irlandesi, italiani, francesi, spagnoli, portoghesi e indiani).

In questa cittadina non si ha la condizione del migrante, bensì c’è interesse nei confronti della persona, della sua storia, straniera o meno. La vita sociale in Irlanda, varia al variare della città. Ovviamente, se ti trovi da solo a Dublino centro città, dove ci sono gruppi di turisti e pochi residenti, è facile che tu rimanga solo, mentre nelle piccole cittadine è facile fare amicizia e far gruppo, e anche qui, la tua nazionalità non è importante. Personalmente io frequento solo altri due Italiani qui in Irlanda, ma sono in contatto tramite social media con la comunity. In verità trovo che in questi gruppi  gli italiani siano molto più ghettizzanti e selettivi degli irlandesi stessi.

Che lavori svolgi?
Io sono uno studente della scuola di Dottorato di Ricerca ad UCD (University College of Dublin). Più precisamente svolgo il mio dottorato di ricerca presso la Scuola di Scienze Mediche Veterinarie e il Dipartimento di Sviluppo Suinicolo (PDD) del centro di ricerca ministeriale Teagasc, in Moorepark. In generale mi occupo di benessere animale e nello specifico di legislazione europea e osservanza della stessa.

Parlavi già inglese o l’hai imparato vivendo lì? Com’è l’inglese che si parla in Irlanda?
Prima di trasferirmi in Irlanda abitavo a Bristol, nel Regno Unito, dove lavoravo, in più avevo conseguito il certificato ESOL British Institute con un livello C1 in Italia, quindi fortunatamente avevo quello che pensavo fosse un buon livello. Una volta in Irlanda mi sono ricreduta.

Purtroppo qui l’accento è così particolare che posso assicurarti che durante il mio primo mese qui ho passato più tempo a chiedere di ripetere le domande che a rispondere a queste. Ad oggi ho ancora difficoltà a comprendere persone con un accento irlandese importante.

La comunità italiana è presente e visibile come in Inghilterra?
Esattamente come in Inghilterra, anche qui la comunità italiana è presente ed è visibilissima, ma questo ho avuto modo di notarlo in ogni città abbia visitato o vissuto. Ti posso assicurare che siamo ovunque, noi e gli spagnoli.

Cosa pensi della situazione venutasi a creare a seguito della Brexit? Immagino che tu abbia avuto notizia degli scontri e delle minacce registrate a Belfast, l’Irlanda del Nord (Ulster) non è lontana. Qual è il feeling tra i cittadini degli irlandesi?
Purtroppo qui i problemi riportati dalla Brexit sono molteplici e sono stati colpiti più settori, il primo tra tutti quello agricolo-zootecnico, che è uno dei maggiori settori qui in Irlanda. Tra la Brexit e il Covid ci sono stati ribassi e perdite sostanziali nell’economia nazionale in generale, mentre rialzi per tutto ciò che riguarda le spese di spedizione per tutto ciò che riguarda la spesa on-line.

Ovviamente anche noi abbiamo avuto notizie degli scontri a Belfast, ma i commenti fatti da irlandesi doc (i puri) sono stati particolari (per modo di dire).

Con chiunque io abbia parlato, a partire dalle mie coinquiline irlandesi, continuando con vicini di casa, amici e così via, i sentimenti variano dal disinteresse alla contentezza per le ripercussioni in Irlanda del Nord. E quando chiedi motivazioni ti spiegano che, in generale, un irlandese della Repubblica di Irlanda odia e viene odiato dai britannici abitanti dell’Irlanda del Nord e questo è un odio storico.

A proposito di Brexit, a differenza degli italiani residenti (o coloro che immaginavano di emigrare in Inghilterra o sul resto del territorio britannico), in Irlanda non avete avuto e non si prevedono ripercussioni dal punto di vista giuridico. L’Irlanda è Unione Europea e i cittadini europei non subiscono discriminazioni in temi di diritto. Cosa pensi della situazione venutasi a creare in terra inglese?
Lascia che ti dica che pre o post Brexit in Inghilterra per i cittadini italiani e/o europei l’unica cosa che è cambiata è il tempo necessario da passare nello stato per ottenere la cittadinanza. Prima della Brexit credo fosse sei anni, dopo credo sia salito a 8 o 9 anni.
I diritti rimango gli stessi.

Te lo dico per esperienza, avendo lavorato in Inghilterra quando questa era ancora in fase di uscita dall’Unione Europea con a capo del Gabinetto Teresa May, e l’inizio del mandato di Boris Johnson. Pre Brexit, l’idea generale era quella di trasferirsi in Inghilterra e poi cercare lavoro (cosa che funzionava in pochissimi casi già da allora), mentre adesso si è iniziato a capire che bisogna partire già con un contratto in mano, specialmente perchè richiesto alla dogana. In un intervista fatta a Johnson a fine anno scorso è stato ben chiaro che si sarebbe continuato ad assumere stranieri anche dopo la Brexit. Non credo ci siano ripercussioni dal punto di vista giuridico, sia in Inghilterra che in Irlanda, perlomeno i miei amici italiani lavoratori in questi Paesi non stanno subendo nulla, se non stress per via della situazione Covid.

Esiste il tema riunificazione delle due Irlanda (Eire e Ulster) nel dibattito pubblico irlandese o una questione dibattuta ai più alti livelli politici?
Ci sarà sempre un dibattito a livello politico per tale situazione, ma lo stesso vale per la Scozia che vuole staccarsi dall’Inghilterra. Da straniera in terra irlandese pensavo che anche qui gli irlandesi ambissero alla riunificazione, invece mi sto ricredendo.

Da quello che ho capito sembra ci sia un profondo rancore e disprezzo da parte dei cittadini della Repubblica nei confronti dei cittadini dell’Ulster e viceversa. Da quanto ne so, in Irlanda del Nord e, in particolare in alcune cittadine o aree delle città o anche solo in alcuni pub è vietato l’acceso agli irlandesi della Repubblica.

In aggiunta, purtroppo il problema della riunificazione non si pone solo a livello governativo, ma anche a livello religioso. Le chiese Cattolica e Protestante sono antagoniste tra loro, specialmente in Irlanda del Nord, e in più hanno molta influenza a livello territoriale in tutta Irlanda. La chiesa Protestante vede la necessità di rimanere nel Regno Unito, per non perdere fedeli e potere.

Pensi che ritornerai in Italia prima o poi? E se si, nel tuo paese d’origine o in un'altra regione? Come vedi la situazione italiana da lì su?
Ci tengo a sottolineare che amo il mio Paese, il nostro clima, il nostro cibo e la nostra storia. In Italia puoi trovare tutto ciò che ti è necessario per vivere serenamente in un raggio di azione di pochi chilometri, ma non so se tornerò mai in Italia. Sono stata cresciuta con un profondo insegnamento, «dove c’è lavoro c’è casa», pertanto il rientrare in patria non è per me una priorità.

In più, viaggiando e vivendo in altre cittadine, italiane e non, ho compreso che la nostra Nazione, per quanto bella sia, sia mentalmente incolta, retrograda e chiusa, e non solo per quanto riguarda il mondo del lavoro (ovviamente parlo anche al Nord). 

Ovviamente tornerei in Italia se mi venisse offerto il posto di lavoro a cui sarebbe impossibile rifiutare, e quindi non necessariamente nella mia terra di origine. L’Italia vista dall’estero non è un esempio da seguire. Nelle testate nazionali irlandesi e inglesi dell’Italia se ne parla ben poco, ma quando accade è sempre denigrante. Secondo le testate danesi (il mio ragazzo è danese e gentilmente mi tiene aggiornata), noi Italiani non siamo in grado di fare nulla, e anzi, non siamo apprezzati per via del nostro debito pubblico che loro devono aiutarci a pagare.

Visti dall’estero noi italiani siamo boriosi, spocchiosi, egocentrici, ignoranti e il nostro Paese è ritenuto, tra i giovani, come il luogo da visitare per via del facile accesso alla droga.

martedì 28 aprile 2020

Presidente Sergio Mattarella solo: la fotografia racconta il cambio di protocollo al Quirinale

Un 25 aprile così non l'avremmo mai immaginato, eppure è quello che ci è capitato di vivere. Celebrazioni a tutti livelli istituzionali in forma ristretta e in alcuni casi solitaria, vedi il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, recatosi all'Altare della Patria a rendere simbolico omaggio ai caduti per la Liberazione dell'Italia dal giogo fascista e nazista, salire da solo le scale del monumento. 

«Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione del 75° anniversario della Liberazione, si è recato all'Altare della Patria dove ha deposto una corona d'alloro sulla Tomba del Milite Ignoto. La deposizione della corona è avvenuta al di fuori di ogni cerimonia e senza la presenza di autorità». (fonte Quirinale.it)

Quest'anno a causa dell'emergenza sanitaria e delle conseguenti restrizioni alla libertà di circolazione, la visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stata pianificata senza clamori mediatici. Solo come un qualunque cittadino, il Presidente, simbolo dell'unità nazionale, con la sobrietà che lo contraddistingue, ha percorso la lunga scalinata che conduce al Milite ignoto, simbolo di tutti i soldati che sono morti in conflitto e che non sono mai stati identificati. Deposta la corona commemorativa, il fotografo ufficiale del Quirinale lo immortala ridiscendere la scalinata solitario e pensoso.
Al termine del momento solenne il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, indossa di nuovo la mascherina protettiva. 
Davvero d'impatto le immagini dello scorso anno, quando in assenza di epidemia le celebrazioni per la liberazione vantavano un numero di autorità statali che a rivederle oggi pare un'utopia. 
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella saluta i presenti nei pressi dell'Altare della Patria a Roma al termine della cerimonia in ricordo dei caduti per la Liberazione dell'Italia dal nazifascismo. 25 aprile 2019.

martedì 7 aprile 2020

Riserve, bioparchi e zoo: la Natura e i suoi abitanti non più in gabbie ma liberi di posare

L'altra notte, causa insonnia da domiciliazione forzata, mi è capitato di vedere un documentario, nel quale veniva ricostruito l'albero genealogico dei canidi, tra i tanti esemplari che si sono evoluti nel corso dei decenni c'era il Crisocione, il cui antenato sarebbe partito dai territori nord-americani per stanziarsi nelle aree selvagge sud-americane. Poco fa sul portale di informazione scientifica Villaggio Globale leggo di tre esemplari di crisocione nati nel Parco Natura Viva di Bussolengo. C'è da essere felici sicuramente ma ovviamente si pongono anche degli interrogativi relativi alla natura stessa dei luoghi, di certo non degli zoo vecchio stile ma comunque dei recinti umanamente controllati ed aperti al pubblico pagante.

Pinguino@Bioparco-Valencia_Vito Stano@2019
A questo proposito, non troppo tempo fa ho visitato il bioparco di Valencia ed è stato ovviamente bellissimo ritrovarsi quasi vis à vis con i miti a quattro zampe delle savane africane, ma l'esperienza semina anche il dubbio che il profitto, il solito profitto, pianifichi uno stordimento delle coscienze di noi umani-visitatori rendendoci incapaci di pensare in totale autonomia a quello che facciamo. Un bioparco in effetti non assomiglia per nulla ad uno zoo (ne ricordo uno in Puglia davvero aberrante, una esperienza indimenticabile per quanto siano passati almeno vent'anni) ma è sempre un luogo di cattività per animali che dubito abbiano scelto di prestare la loro opera presso il tale bioparco. Piuttosto il tutto appare come la forma edulcorata e ben tenuta del solito vecchio spettacolo esotico che dai primi anni del XIX secolo veniva offerto alla nascente borghesia europea sotto forma di spettacoli circensi o simili. E la conservazione?, certo si potrebbe ovviamente obiettare che la strategia di conservazione di molte specie a rischio estinzione sia dovuta e anzi necessaria realizzarla e dove se non in luoghi dedicati come magari i bioparchi delle grandi città? Non dubito affatto che ci possa essere un nesso (magari approfondirò), ma resta lo sconcerto di fronte ai pinguini al di là di un vetro a Valencia. 

martedì 15 aprile 2014

Sebastião Salgado e Vanity Fair insieme per la tribù più minacciata del mondo

Il celebre fotografo brasiliano Sebastião Salgado e la rivista Vanity Fair hanno unito le loro forze per dare visibilità alla tragica situazione in cui versano gli Awá, definiti la tribù più minacciata del mondo da Survival International, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni. Il servizio, lungo 13 pagine, è stato pubblicato nel numero di dicembre della rivista, in distribuzione già dal primo novembre.

Il giornalista e scrittore Alex Shoumatoff e Salgado hanno passato diverse settimane con gli Awá, nella foresta amazzonica, per raccontare le responsabilità del governo brasiliano che negli ultimi decenni non ha protetto il territorio della tribù dall’invasione massiccia di taglialegna e allevatori.

Le terre degli Awá vengono distrutte a una velocità superiore a quella di qualunque altro territorio indiano dell’Amazzonia. Il governo ha ignorato diversi ordini del tribunale che gli imponevano di espellere i taglialegna. Oggi sopravvivono solo 450 Awá, di cui un centinaio sono incontattati e si nascondono in un’area di foresta pluviale sempre più ristretta per sfuggire ai sicari che gli danno la caccia.

«I taglialegna stanno distruggendo tutto; ormai è rimasta davvero poca foresta buona» ha detto a Survival un uomo awá. «Prima cacciavo molto, ma ora gli animali stanno scomparendo. La polizia deve espellere i taglialegna adesso!».

Grazie alla campagna di Survival International,capitanata dal premio Oscar Colin Firth, il Ministro della Giustizia brasiliano ha ricevutooltre 54.000 lettere di protesta. Numerose celebrità, dalla stilista britannica Vivienne Westwood al ciclista Andy Schleck all’attoreClaudio Santamaria, si sono fotografati con la awáIcon, il logo della campagna, su cui si legge ‘Brasile: salva gli Awá’.

«Speriamo che questo servizio ci aiuti a dare la spinta finale alla campagna per salvare gli Awá, che è ormai diventata disperatamente urgente» ha dichiarato oggi Stephen Corry, Direttore generale di Survival International. «Mentre una delle ultime tribù nomadi del Brasile viene stretta in un’area di foresta in continua diminuzione, gli esperti parlano di pericolo di ‘estinzione’ e ‘genocidio’. Il Ministro della Giustizia brasiliano ha il potere di salvare gli Awá, e noi speriamo che questa esposizione pubblica lo convinca finalmente ad agire. Diversamente, i tifosi che l’anno prossimo si riverseranno nel paese per la Coppa del Mondo faranno appena in tempo a veder bruciare quel poco che sarà rimasto della foresta e di questo popolo».
(fonte Survival International)

mercoledì 22 gennaio 2014

Viaggio in Calabria. Una narrazione visiva tra fotografia urbana e sentimentalismo


Panorama - Foto Archivio Vito Stano © 2014
Stamane colgo l'occasione di scrivere due righe sulla Calabria. In premessa ci tengo a dire che sarò sicuramente superficiale, in quanto non riuscirò a trattare in profondità nessuno degli argomenti che sfiorerò. Quindi, voi che leggete, sappiate prendere questi pensieri come una confidenza. Un racconto ad un amico.

In questi ultimi giorni della regione dei bronzi di Riace mi è capitato di ascoltare numerose storie, tutte diverse tra loro, ma una particolare mi ha incuriosito, alla quale tra l'altro se ne legano indissolubilmente delle altre. Qualche sera fa, lunedì 20 gennaio, la trasmissione televisiva Presa diretta su Rai Tre ha trattato l'argomento dei testimoni di giustizia e le storie di stampo calabrese si susseguivano una dietro l'altra. A fare da sfondo alle tante storie di efferati omicidi di 'ndrangheta, c'era l'ultimo episodio di cronaca accaduto a Cassano sullo Jonio, dove è stata ritrovata la carcassa fumante di un'auto che custodiva maldestramente tre corpi completamente carbonizzati. Uno dei corpi apparteneva ad un bambino di tre anni. 

La ferocia di questa storia mi ha riportato alla mente che soltanto qualche giorno prima sono passato da quelle parti e, devo ammettere, all'asciutto da qualsiasi suggestione, il puzzo di degrado urbano e sociale l'ho sentito subito. Mi ripetevo, «noi (in Puglia) in confronto stiamo bene». Devo dire che ad ogni paesino che attraversavo i commenti si ripetevano. Quasi alla noia. Degrado urbano, cioè case costruite a metà. Palazzoni che sembravamo aver subito un attacco armato. Strade di difficile percorrenza, contraddistinte da un numero imprecisato di lapidi e fiori. Attività commerciali tristemente buie. Viste panoramiche menzognere. E poi le spiagge, i lidi, lo spazio del passeggio della bella stagione totalmente abbandonato all'incuria e se possibile anche di più. 

Paesaggio urbano - Foto Archivio Vito Stano © 2014
Com'è possibile mi sono chiesto che a gennaio i luoghi della vita estiva di un piccolo centro della costa jonica (Cirò marina) siano così degradati? Come faranno a rimettere tutto in piedi prima che inizi la stagione, che presumibilmente inizierà a maggio? Credetemi cose da non crederci. Le spiagge sembrava avessero visto passare un tifone. Tutto in disordine. Ciò che poteva essere divelto lo era. E poi i rifiuti. Ad ogni angolo, o quasi, lo sguardo, ormai abituato, chiedeva tregua, ma non la otteneva. Cumuli di rifiuti ovunque. Cassonetti anneriti dai roghi. Insomma un disastro per la vista di chi come me ama il mare d'inverno. Dov'è finito l'afflato romantico del paese popolato da pochi resistenti. Silenzioso. Vuoto. Al posto del silenzio dell'assenza, quel che ho percepito è stato il silenzio dell'imbarazzo, dello sguardo taciuto, della consapevolezza tradita. E di tutto ciò me ne dispiaccio, perché la Calabria è un terra che naturalisticamente non ha rivali: catene montuose e spiagge da cartolina. Terra della grande storia e di innumerevoli piccole storie popolari. Non è onesto ridurla alla parziale visione che la mia cultura ha voluto (e potuto) offrirmi. In tutta onestà, la gentilezza e la semplicità delle persone, poche, con le quali ho avuto modo di scambiare qualche parola non è riuscita, anche se ci ho provato, a cancellare il tanfo visivo dell'abbandono. Ahimé.

Ma la Calabria, come detto, non è soltanto questo. È anche voglia di riscatto. Volontà di emergere dai sottoscala urbano e sociale dov'è sepolta da tempo. 

22.01.2014
Vito Stano

giovedì 9 gennaio 2014

Cassano delle Murge. Racconto fotografico di una fine senza infamia e senza gloria

Quest'anno avevo intenzione di dedicare più spazio alla narrazione fotografica, per questa ragione anziché impiegare decine di parole per descrivere le notti a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno ho deciso di dare sfoggio di alcuni scatti accuratamente selezionati per voi affezionati lettori e per tutti coloro che nel 2014 leggeranno queste pagine. V.S.

mercoledì 12 giugno 2013

Passeggiando tra la geologia: riparte il concorso fotografico della Sigea


Concorso fotografico 'Passeggiando tra i Paesaggi Geologici della Puglia' 4° edizione.
Scadenza 16 settembre 2013, dodici premi da 100 euro per dodici autori differenti.

La SIGEA Sezione Puglia e l'Ordine dei Geologi della Puglia, al fine ...di promuovere la conoscenza e la valorizzazione dei siti di interesse geologico (geositi) e i paesaggi geologici della Regione Puglia, bandiscono la quarta edizione del concorso fotografico come di seguito specificato.

Il concorso prevede le seguenti Sezioni:
A. 'Paesaggi geologici o geositi'
B. 'La geologia prima e dopo l’Uomo'
C. 'Una occhiata al micromondo della geologia'

La partecipazione al concorso è totalmente gratuita. Possono partecipare tutti coloro che sono interessati a condividere le emozioni ricevute attraverso la rappresentazione di uno degli aspetti dei “paesaggi geologici” della Puglia; riprese a volte estemporanee e inattese, spesso realizzate durante passeggiate o lavori di rilevamento, quando si prova un forte desiderio di non perdere quella forma, quel cromatismo, quel bel gioco bizzarro ed irripetibile di forme ed ombre che solo la natura riesce a creare.

lunedì 8 aprile 2013

Taranto non molla: domani Corte Costituzionale sulla legge "Salva Ilva"

Taranto non molla. La città e i suoi abitanti in migliaia non smettono di credere che il cambiamento è possibile. La sostenibilità ambientale e sanitaria è la meta ambita da donne e bambini, da operai e medici. Il corteo di domenica 7 aprile è bianco: i camici bianchi hanno aperto il corteo che un'auto elettrica, attrezzata dagli attivisti di Peacelinkha trasmesso on web in diretta la manifestazione. Nessun rappresentante politico fuorché il segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista Paolo Ferrero. Numerose espressioni creative per dire «no al mostro» che toglie il futuro ai figli di Taranto, condannando la città jonica allo spopolamento per decessi ed emigrazione. (08.04.2013 - Vito Stano)















Foto Archivio Vito Stano © 2013

mercoledì 27 marzo 2013

Una fotografia per raccontare la Terra: premiazione il 22 aprile a Roma


La salvaguardia della natura e delle aree protette in particolare è un'obiettivo ambizioso, raggiungibile innanzitutto attraverso una buona diffusione di informazioni. La fotografia sin dalla sua invenzione ha contribuito a raccontare il paesaggio circostante: a questo proposito il Parco Nazionale dell'Alta Murgia è tra gli enti patrocinanti di «Obiettivo Terra», concorso nazionale di fotografia geografico-ambientale organizzato dalla fondazione UniVerde per valorizzare il patrimonio ambientale dei Parchi Nazionali e Regionali d’Italia. La partecipazione al concorso è gratuita ed il soggetto fotografato deve rappresentare un’immagine di un Parco Nazionale o Regionale italiano. Il premio previsto per la foto vincitrice è di 1.000,00 euro.

La premiazione avrà luogo il 22 aprile 2013 a Roma nella sede della Società Geografica Italiana, in occasione della 43a Giornata Mondiale della Terra. 

Il concorso, giunto alla quarta edizione, ha ricevuto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, il patrocinio del Ministero dell’Ambiente, del Ministero delle Politiche Agricole, del Ministero degli Affari Esteri, di Roma Capitale, della Convenzione delle Alpi, della Federparchi e di tutti i Parchi Nazionali. Per informazioni dettagliate circa le Iscrizioni, è possibile visitare il sito www.green-city.it.

27.03.2013
Vito Stano

giovedì 28 febbraio 2013

Fotografia investigativa: la criminalità osservata dalla lente d'un obiettivo


L'avvento del digitale ha cambiato la storia della fotografia e ha costretto le macchine a pellicola nei cassetti. D'altro canto la digitalizzazione della fotografia ha permesso a milioni di persone di diventare autori delle foto che racconteranno ai posteri gli eventi familiari e i momenti più belli della propria vita privata. 

L'emancipazione dello strumento fotografico dagli ambiti strettamente artistico e commerciale ha permesso la sua applicazione anche in settori quali la lotta alla criminalità. Dunque la fotografia può risultare particolarmente insidiosa per coloro che si prefiggono di ottenere risultati di qualsiasi genere con metodi illegali: può capitare che un uomo con il vizio della caccia di frodo entri nelle grazie di un mirino e finisca denunciato a piede libero perché accusato di violazione della legge sulla caccia  n.157/92 (che vieta l'uso di trappole per il prelievo ed uccisione di avifauna).   

Il cacciatore di frodo di Cisternino (in provincia di Brindisi) ha avuto la sventura di cadere a sua volta nella trappola, a lui tesa dal personale del Corpo forestale dello Stato di Ostuni. Gli agenti scoprendo delle trappole per uccelli lungo il perimetro di un bosco hanno posizionato nelle vicinanze delle telecamere, che hanno permesso di filmare il bracconiere in diverse occasioni, sia quando posizionava il cibo nelle trappole sia durante il prelievo della selvaggina malcapitata.

All'uomo è stato contestato anche il reato di maltrattamento e uccisione di animali, perché le trappole (realizzate con mattoni in cemento posizionati in maniera obliqua e sorretti da alcuni bastoncini in legno, pronti a cadere al minimo movimento così da schiacciare l’avifauna intenta a cibarsi della pastura), non causano la morte immediata; infatti i volatili, nel momento in cui scatta la trappola, vengono schiacciati lentamente dal peso del mattone che ne provoca infine la morte per soffocamento

A parte la palese violazione della normativa in materia di caccia, l'uomo non aveva fatto i conti con l'avanzamento della tecnologia. L'occhio elettronico che registra e lascia raccontare gli eventi del quotidiano. Occhio per occhio, trappola per fototrappola.

28.02.2013
Vito Stano

sabato 19 gennaio 2013

I paesaggi geologici della Puglia in mostra a Conversano


Riceviamo e pubblichiamo questo comunicato stampa relativo alla mostra Paesaggi geologici della Puglia, visitabile a Conversano.

Presso la ex Chiesa San Giuseppe di Conversano (Via S. Giuseppe) dal 19 al 27 gennaio sarà possibile visitare la mostra fotografica sui “Paesaggi geologici della Puglia” realizzata dalla SIGEA (Società Italiana di Geologia Ambientale) Sezione Puglia con il sostegno del Parco Nazionale dell'Alta Murgia.
L’evento è organizzato dal Comune di Conversano con la collaborazione del WWF di Conversano e la SIGEA Sezione Puglia.
La mostra, con didascalie delle foto in italiano e inglese, è stata presentata a una platea internazionale in occasione del VII Simposio internazionale sul patrimonio geologico che si è tenuto a Bari lo scorso settembre.
Scopo dei curatori della mostra, è stato quello di stimolare la voglia di conoscenza attraverso la selezione di 60 opere che, possano, nel loro insieme, dare un’idea della straordinaria varietà del paesaggio geologico pugliese e dell'integrazione che le attività dell'umanità possano avere con esso.
Le opere raggruppate in tre sezioni, «Paesaggi geologici o geositi», «La geologia prima e dopo l'Uomo» e «Una occhiata al micromondo della geologia», sono una selezione di foto presentate per lo più da appassionati di foto naturalistiche e geologi professionisti, che hanno partecipato alle tre edizioni del concorso fotografico «Passeggiando tra i Paesaggi Geologici della Puglia», iniziativa a cura della sezione pugliese della SIGEA e dell'Ordine dei Geologi della Puglia. Questo set è arricchito da alcune immagini di fotografi professionisti come Cosmo Mario Andriani, Fabrizio De Donato, Mario De Matteo, Saverio Perrini, Antonio Sigismondi e Gianni Zanni.
La mostra sarà inaugurata sabato 19 gennaio alle ore 10.30 con un seminario che prevede il seguente programma.

Saluti da parte
dell’Amministrazione comunale di Conversano e del WWF di Conversano
         Fabio Modesti, Direttore Parco Nazionale dell’Alta Murgia

Interventi
“La geodiversità della Puglia”
Oronzo Simone, SIGEA Sezione Puglia
“Aspetti geologico-naturalistici del territorio di Conversano”
Brunella Favia, SIGEA Sezione Puglia

Seguirà il dibattito animato da docenti e dagli studenti di alcune scuole di Conversano.

La mostra sarà visitabile ogni giorno dalle ore 18 alle 20 e di mattina su prenotazione al seguente recapito telefonico 080-4951027- 3383581580 - 0804094101

Comune di Conversano
Sede: Ex Chiesa San Giuseppe
Ingresso libero – Inaugurazione 19 gennaio ore 10.30
Periodo: 19 -27 gennaio 2013
Orario visite: ore 18 - 20
Mattina su prenotazione Assessorato Politiche Culturali: 080-4951027- 3383581580 - 0804094101

SIGEA Sezione Puglia

giovedì 10 gennaio 2013

Fotografia come antropologia: Sisto Giriodi al Museo della Fotografia


Le attività del Museo della Fotografia del Politecnico di Bari riprendono con l'incontro con Sisto Giriodi, che parlerà di Fotografia come antropologia. L'appuntamento è per oggi pomeriggio (giovedì 10  gennaio) alle ore 17,30 presso la sala conferenze del Politecnico di Bari in  via Giovanni Amendola n. 126/B. L'ingresso è ingresso libero.                                                                                  

Sisto Giriodiarchitetto, docente di Progettazione architettonica al Politecnico di Torino, da  fotografo di territorio lavora da più di dieci anni ad un progetto di lunga durata – l’Atlante Piemontese – nel quale raccoglie i miti-enigmi che il progresso nasconde nelle campagne del Basso Piemonte; capitoli dell’Atlante sono stati esposti in Italia ed all’estero, mentre pagine dell’Atlante sono conservate in collezioni private e nel Dipartimento di Fotografia della Biblioteca Nazionale a Parigi.

Notevole riscontro ha ottenuto il progetto su Torino, città trasformata dalle bandiere della pace, al festoso teatrino tricolore (in occasione dei 150 anni di Unità d’Italia); sulla città trasformata dai cantieri della metro nel centro storico in un teatrino bellicoso; sulla città trasformata dagli anni olimpici, o su aspetti singolari di Torino: sui circoli dei canottieri sul Po, sulle case a colori del dopo guerra; sulle storia di una tecnica artigianale, quella delle facciate in finta pietra. Il modello dell’atlante è all’origine anche di due campagne fuori dei confini del Piemonte: quella sugli enigmatici cancelli rurali in Puglia e quella su Parigi come festa mobile.

Fotografia come antropologia
Sisto Giriodi parte dagli incunaboli della Fotografia, fatta di pratiche quasi negromantiche, osservando le diverse fasi del processo storico, attraverso la visione ideologico-romantica, passando così dall’osservazione dei nuovi modelli scientifici di revisione radicale del concetto di spazio alla fotografia del nulla, senza temi, espressione della società del nulla, caratterizzata dalla società industriale, fino a quella del tardo-capitalismo, in cui l’immagine è frammentata, decentrata in ogni parte del mondo dalla potenza della tecnologia spinta della rete mentre il paesaggio muta più in fretta del nostro recepimento.
Sisto Giriodi decide per il suo progetto di andare alla ricerca di vecchie fotografie, di ritratti spontanei, di immagini di strada, che colgono un’espressione istintiva nel suo farsi, nel suo contesto urbano o rurale di gruppi ritratti tra la fine dell’800 a quelli più liberi  del ‘900.
Icone spesso trascurate dalle storie della fotografia.

Immagini che attirano per la ricchezza di espressioni, dei dettagli, per la capacità di restituire la vita di gruppo tra XIX e XX secolo: che si tratti di un clan familiare, di bambini a scuola, di ragazzi di oratorio, di soldati in caserma, di cuochi e camerieri in trattorie e ristoranti, di contadini in una cascina; ogni fotografia si distingue per la capacità di raccontare storie oggi lontane e diverse, che nessun altro riesce a narrare cosi bene.

(fonte Museo della Fotografia del Politecnico di Bari)