La storia di Bari passa dal recupero della memoria urbanistica: centro murattiano, porto, stazione ferroviaria e della contestuale caotica espansione della città, questi i nodi nevralgici dello sviluppo urbanistico-architettonico della città levantina.
La fotografia è uno strumento utilissimo per ricostruire la storia delle città e proprio in questi giorni nei quali il salotto cittadino barese è movimentato dalla musica andalusa a galiziana per le giornate di promozione turistica della Spagna, la Galleria Spazio Giovani, sulla muraglia che guarda sul lungomare in via Venezia al civico 41, sabato 13 aprile alle 19,00 si terrà una conversazione dal titolo 'Murat senza filtro. 1813-2013 duecento anni di architettura al centro di Bari' nell’ambito dell’evento 'Fotografare la città. Le trasformazioni delquartiere Murat, un percorso tra arte e storia' con l’architetto Antonio Labalestra, che è autore di saggi, articoli e recensioni dedicati principalmente al rapporto tra arte e architettura e tra storia, teoria e progetto, con pubblicazioni autonome e su riviste italiane di settore, tra queste: XY dimensioni del disegno, Segno, L’Industria delle Costruzioni, Paesaggio Urbano, Disegnare idee immagini e Progetti.
Al termine della comunicazione, durante la cerimonia di chiusura dell’evento, saranno premiati i lavori giudicati più interessanti tra i partecipanti alla mostra 'Fotografare la città, raccontare la città. Le trasformazioni del quartiere Murat, un percorso tra arte e storia' a cura dell’associazione Camera 231. Per l'occasione saranno percorsi gli aspetti storici relativi e le mutazioni occorse nel quartiere murattiano fondato nel 1813, che si estende da corso Vittorio Emanuele fino via Quintino Sella,
da corso Cavour fino alla Stazione Ferroviaria.
Una
narrazione che riprende il percorso proposto dalla curatrice Caterina Rinaldo
tra «le corti silenziose dei palazzi signorili, simili a quinte di teatro, su
cui si aprono lucernai dimenticati tra il nuovo che avanza e il vecchio che
resiste; come le ardite sperimentazioni di Vittorio Chiaia o le raffinate
architetture di Vito Sangirardi; di come l’esuberante eclettismo di Ettore
Bernich o le lunghe prospettive che si aprono verso la città moderna,
ricordando l’ambizione che accompagnò, nel 1813, la nascita del nuovo quartiere
e le decisioni che, a partire dal 1955, ne decretarono l’inizio della distruzione».
12.04.2013
Vito Stano
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