a cura di Vito Stano
Taranto - Foto google.com |
“Ho
sempre sostenuto che il sindacato sbagliava, perché, anziché tutelare la salute
del lavoratore, tutelava il posto di lavoro. Il sindacato deve dire al
lavoratore che in condizioni di rischio per la salute non si può lavorare,
perché ci si ammala e si muore”.
Con questo pensiero di Vito Galiano,
sindacalista della Cgil esperto di questioni legate a malattie degenerative,
riprendiamo lo Speciale Taranto che abbiamo intrapreso su questo blog.
Quindi cosa avrebbe detto o
fatto se fosse stato delegato di fabbrica all’Ilva?
Prima
di tutto avrei proposto di spegnere tutto, perché oltre alla fabbrica e ai suoi
operai stiamo inquinando la città e chiaramente non da oggi, ma da dieci anni
fa. Difatti gli errori del sindacato partono da allora, quando lo Stato ha
venduto l’Italsider alla famiglia Riva. Già da allora andava fatto il lavoro
di ristrutturazione, prima che l’Ilva cominciasse a produrre. L’Ilva doveva,
dopo l’acquisto, mettere in sicurezza la fabbrica e rendere gli impianti idonei
alla produzione; invece la produzione non si è fermata un attimo, tenendo
presente che il parco macchinari era già obsoleto. Pertanto visto che la
situazione attuale è praticamente la stessa di dieci-quindici anni fa, oggi
l’unica strada percorribile è bloccare tutto, altrimenti non si potrà abbattere
l’inquinamento.
Quindi il sindacato deve tutelare
la salute o il posto di lavoro?
L’operaio non vuole perdere il posto di lavoro, ma il sindacato deve
tutelare la sua salute. Dunque lo Stato deve intervenire per obbligare la
famiglia Riva a sottoscrivere un accordo con cui si dovrà prevedere la cassa
integrazione per i lavoratori, di cui i lavoratori hanno sempre avuto paura. Su
questo punto dobbiamo tenere presente che l’istituto della cassa integrazione è
nato per permettere al lavoratore di ovviare al salario al momento della ristrutturazione
dell’azienda, che è naturale che prima o poi venga attuata.
Ma qualcuno dice che ci
vogliono tre anni…
Secondo
le informazioni di cui dispongo non ci vogliono tre anni, ma meno
di due anni. Lo Stato deve provvedere alla cassa integrazione dei
lavoratori per due anni e imporre all’Ilva di ristrutturare e successivamente
di riprendere la produzione nello stabilimento di Taranto. Il risanamento degli
impianti è fondamentale per salvare i posti di lavoro e per salvare la città
dall’inquinamento.
Quindi questa operazione
“pulizia” è possibile?
Sì,
questa operazione si può fare e questo io l’ho sempre sostenuto. L’alternativa qual è, continuare a tenere accesi gli altiforni continuando a uccidere i bambini? Lo
Stato ha ordinato ai genitori dei bambini di Statte e del quartiere Tamburi di
non fare giocare i bambini nei parchi perché il terreno è pieno di agenti
inquinanti. Come si può vivere in queste condizioni? Per non parlare dei
bambini nei passeggini… Nel giro di dieci-quindici anni la popolazione di
Taranto, se non si spegne la fabbrica, sarà ammalata di tumore. Stante
alla situazione attuale, il picco delle morti direttamente riconducibili alle
cause dell’inquinamento si raggiungerà appunto tra dieci-quindici anni.
Allora da dove si dovrebbe
iniziare? E chi dovrebbe iniziare a fare qualcosa?
Gli
errori commessi sono gravi, andiamo per grado. L’azienda sanitaria ha il dovere
di fare le ispezioni quando si ricevono delle segnalazioni. Detto ciò gli ambientalisti
denunciano questa situazione da una vita e da sempre vengono additati come allarmisti.
Chi si è opposto agli
ambientalisti?
Dapprima
il governo Berlusconi e in particolare il ministro del Turismo dell’epoca
Michela Brambilla, ma soprattutto il sindacato. A Taranto in estate stava
scoppiando la guerra civile: da una parte manifestazioni degli operai con Cisl e Uil contro
la magistratura e dall'altra la Fiom Cgil invece non ho scioperato
contro le decisioni assunte dalla magistratura, ma ha fatto
solo questo e qui Landini (segretario nazionale Fiom-Cgil, Ndr) mi ha deluso.
Solo l’azione giudiziaria
tiene la barra dritta.
Dopo
le alterne vicende di questi mesi la magistratura in sostanza non ha fatto
retromarcia: la decisione è rimasta quella di mantenere il sequestro sugli
impianti senza farli fermare e di far iniziare i lavori di bonifica.
Lavori di
bonifica che però non partono...
I parchi minerali dovevano essere coperti, ma da
luglio a oggi nulla ancora è stato fatto. Riva se ne frega, perché non vuol
scucire soldi suoi e aspetta che lo faccia lo Stato!
Parliamo di
responsabilità.
La
responsabilità deve essere assunta da diversi soggetti istituzionali: in primis dal Servizio Sanitario
Nazionale, perché non deve essere la magistratura ad imporre il sequestro
degli impianti e la successiva bonifica, ma il Servizio Sanitario Nazionale e il fatto che nulla sia stato fatto è indicativo di colpe che devono essere riconosciute.
Vien da pensare che il Servizio Sanitario Nazionale abbia dei motivi per non intervenire. Quali non è dato saperlo. Nessuno dice nulla, ma i colpevoli meritano di
essere arrestati e quella è la fine che faranno. Con la presentazione del
“Rapporto Sentieri” si chiude il discorso, sfido
chiunque adesso a dire cose senza senso.
E il ministro dell’Ambiente
Corrado Clini?
Dovrebbe
dimettersi, come giustamente stanno chiedendo i Verdi, perché oltre a dire il
falso, Clini ha detto cose che un ministro non deve dire. Peraltro quando c’è
stato l’incontro ad agosto era assente il ministro della Salute Renato Balduzzi,
perché se interpellato avrebbe dovuto dare i dati e allora la verità non
avrebbe più potuto essere occultata e infatti qualche giorno fa è avvenuto
proprio questo.
E cosa mi dice del Registro Tumori?
Mentre diversi soggetti si accapigliavano sui dati e il ministro Balduzzi
presentava il “Rapporto Sentieri” molti hanno dimenticato che in Puglia è stato
istituito con legge regionale del 2007 il Registro Tumori, che è un organismo
creato appositamente per verificare le cause dell’aumento di casi di tumore sul
territorio regionale. Il lavoro di questo organismo è di fare monitoraggio
costante e, come nel caso di Taranto, qualora i dati registrano percentuali
allarmanti deve intervenire, perché la struttura è composta da un primario
medico e un equipe di dipendenti regolarmente
stipendiati. Se il Registro Tumori non interviene viene meno la sua stessa
natura di organismo di controllo e raccolta dati.
In pratica come funziona il
Registro Tumori?
Ogni
ospedale della Puglia deve comunicare i dati, che confluiscono presso l’ufficio
preposto sito nella struttura dell’ospedale oncologico di Bari.
Il Registro Tumori ha funzionato o no?
Questo è da accertare. Ma c’è anche da dire che se la Regione non
interviene sull’Asl, quest'ultima viene meno ai propri doveri. La catena istituzionale è evidente.
Il sindaco di Taranto per esempio, il quale è il massimo responsabile del Servizio
Sanitario Nazionale in città, doveva chiedere subito i dati, perché non l’ha
fatto? E poi ritorniamo alle responsabilità del Ministero, che deve intervenire
perché, così come alcuni specialisti sanitari interpellati sul caso Taranto hanno affermato, “la
situazione a Taranto è sconvolgente: si tratta di una emergenza sanitaria senza
precedente che va affrontata con urgenza senza alcun tentennamento”.
Quindi cosa dovrebbe fare il
sindacato?
Prima
che tutto chiuda Cgil, Cisl e Uil si dovrebbero riunire e dovrebbero convincere
il Governo a costringere i Riva a sottoscrivere un accordo, che preveda la
cassa integrazione per i dipendenti e il ripristino delle condizioni lavorative
adeguate.
Quindi in sostanza lei dice
che i Riva devono provvedere alla bonifica per far riprendere la produzione
dell’acciaio a Taranto?
Sì,
a Taranto si deve riprendere la produzione dell’acciaio, perché le nuove
tecnologie, in uso per esempio in Svezia, permettono di produrre senza
inquinare l’ambiente. Adesso è il
momento di lottare per salvare i posti di lavoro, in quanto la questione
dell’inquinamento è stata accertata e su questo punto non si torna indietro.
Ora è il momento che l’Ilva e lo Stato
paghino per la bonifica e la ristrutturazione degli impianti. E a questo
punto anche gli operai devono prendere coscienza che è assolutamente necessario
spegnere e accettare la cassa integrazione, perché è ormai accertato che si
muore non solo dentro ma anche fuori la fabbrica. Questa tragedia è molto più
grave della situazione che dell'Eternit di Casale Monferrato o dell’Enichem di Brindisi, una tragedia
così non si è mai vista nel mondo del lavoro. La differenza tra la tragedia
dell’amianto di Casale Monferrato e l’inquinamento industriale di Taranto è che
gli operai che lavoravano nella fabbrica e i cittadini si unirono nella lotta
per chiudere la fabbrica, mentre a Taranto gli operai e la popolazione si
stanno scontrando tra loro con il rischio di una guerra civile. A Taranto da
una parte ci sono gli operai appoggiati dal sindacato che difendono il posto di
lavoro e dall’altra parte la popolazione di Taranto appoggiata da comitati cittadini
che difendono la salute e l'ambiente.
Cosa hanno in comune Casale
Monferrato e Taranto?
Ciò
che le accomuna è che entrambe le città sono state sacrificate sull’altare dei
vantaggi economici del grande capitale industriale, il quale tra i propri
vantaggi economici e la tutela della salute e dell’ambiente persegue sempre i primi. Questa è la realtà. E aggiungo che i grandi
capitalisti sono convinti che portare qualche migliaio di posti di lavoro li
autorizza ad uccidere persone e ambiente. Questo è quello che è successo a
Taranto. Mentre gli operai vanno a lavorare in condizioni così elevate di
rischio per la salute non si rendono conto che stanno contribuendo a far
ammalare i loro figli.
Quindi la sua critica è
forte nei confronti della Cgil?
La
mia critica è nei confronti dei sindacati confederali, perché non hanno aperto
vertenze su questo punto. Il sindacato non ha protetto il lavoratore.
E la catena alimentare?
Siamo
arrivati a chiudere il Mar Piccolo (il primo seno, Ndr) perché le cozze sono
risultate piene di diossina, oltre ad abbattere centinaia di pecore. Allora
com’è possibile ancora oggi chiedersi, come ha fatto il ministro della Salute Renato
Balduzzi, se i tumori sono causati dalla catena alimentare! È certo che la
catena alimentare è viziata da agenti inquinanti, altrimenti perché uccidere tutte
quelle pecore e tutte quelle tonnellate di mitili?
E la Regione Puglia?
Anche
il presidente Vendola dovrà assumersi le sue responsabilità, altro che
abbracciarsi con l’ex ministro Fitto quando il Governo Monti ha dichiarato di
stanziare 140 milioni di euro per la bonifica. Intanto l’Ilva non ha stanziato un centesimo... Dobbiamo ricordarci che per la bonifica di Porto Marghera furono stanziati 5
miliardi, mi pare che ci sia una bella differenza. Vale di più la laguna di
Venezia rispetto al Mar Piccolo?
Nessun commento:
Posta un commento